Prof. Dario Del Bufalo
Specialista in scultura lapidea, marmi colorati, glittica, restauro e geoarcheologia
Si chiama “RETURN” il nuovo virus GdA Novembre 2021
Il Covid-19 e il lockdown hanno reso tutti più buonisti e così sono mesi che si sentono sempre più spesso appelli internazionali sulle restituzioni di beni culturali ai Paesi di «origine». La parola più usata è «Return»: sarcofagi alla Turchia, vasi all’Italia, mosaici alla Tunisia, marmi alla Libia, graniti all’Egitto, frontoni alla Grecia, bronzi al Benin, obelischi all’Etiopia… questo è il trend delle restituzioni.
Addirittura negli stadi (dove la cultura è totalmente assente) si vedono striscioni sul ritorno dei marmi Elgin del Partenone in Grecia (foto 1) e perfino quel bellone di George Clooney ha dovuto mettere bocca sui rilievi classici di Fidia (foto 2)! Perché? Che cosa sta succedendo? È diventato così di moda fare i «Buonisti», i «Returnisti» e i «Politically Correttisti», pure se non capiscono un tubo sull’argomento!
La ministra della Cultura greca Lina Mendoni, «nomen omen est» (il nome è un presagio: «me[n] doni sti marmi?») rivuole indietro i marmi che Lord Elgin comprò ad Atene dagli occupanti iconoclasti Ottomani, oggi al British Museum dal 1816. La Mendoni dice anche che sono «in cattive condizioni di esposizione» perché una volta si è infiltrata acqua dal tetto. Siamo alla frutta del mondo dell’arte! Semmai la permanenza al British Museum negli ultimi 200 anni ha preservato i fregi del Partenone dalla distruzione degli Ottomani e soprattutto da quella dei greci stessi, visti i restauri assurdi che stanno facendo proprio sull’Acropoli (cfr. “Esco dall’UNESCO” BVFALE ARCHEOLOGICHE, GdA n. 349, gen. ’15, p. 11). L’Italia ha restituito la Stele di Axum all’Etiopia senza un preciso motivo conservativo o di rarità, giacché nel sito archeologico axumita ci sono decine di stele identiche cadute a terra, abbandonate, mai valorizzate o rimesse in piedi né restaurate. No… volevano quella di Roma perché era l’ultimo esempio del moderno colonialismo. D’altronde assistiamo all’assurdo abbattimento di statue storiche negli Stati Uniti come quella di Cristoforo Colombo «sporco colonialista». Ah, l’ignoranza… povero Cristoforo, voleva solo andare nelle Indie e inciampò nel Nuovo Mondo, era solo un navigatore e avventuroso scopritore altro che colonialista. Altri europei (spagnoli) hanno fatto gravi danni all’America Centrale o (inglesi e francesi) ai nativi dell’America del Nord ma molto tempo dopo Colombo. «Il Getty Museum deve restituire il Bronzo di Fano all’Italia!», ma poi l’Italia dovrebbe restituirlo alla Grecia da dove in effetti ha origine, trafugato dai Romani in Evo Classico o da Venezia in Evo Medio, come i cavalli di San Marco. Restituiamo dunque anche i Bronzi di Riace perché sono greci di origine!
E rimandiamo tutti gli obelischi di Roma all’Egitto. Il vaso di Eufronio che il Metropolitan Museum ci ha restituito è di origine attica e dunque va restituito alla Grecia! Rivediamo il Trattato di Tolentino e la «sòla» che ci ha fatto prendere Canova con la restituzione parziale dei bottini di guerra napoleonici. Oddìo, ora ci si è messo di mezzo anche l’Unesco con l’ICPRCP (Intergovernmental Commitee for Promoting the Return of Cultural Property) e già immagino la serie di ovvietà che emanerà nelle sue risoluzioni. L’unico grido che il mondo dovrebbe fare è quello che proposi nel gennaio 2015: «Esco dall’Unesco!» (cfr. n. 349, gen. ’15, p. 11). L’Arte e la Cultura sono del mondo intero e non di singoli Stati, Regioni o Città. Siamo ormai un piccolo sassolino che vaga nello spazio e dovremmo condividere tutta la Cultura con tutte le Culture di questo piccolo meraviglioso Pianeta.
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